Dopo 108 giorni di sequestro, i pescatori di Mazara del Vallo trattenuti a Bengasi sono stati liberati. Conte, Di Maio e Casalino genuflessi di fronte al generale Haftar che fa il prepotente grazie all’amico Erdogan.
Diciamo subito evviva! I 18 pescatori di Mazara del Vallo tornano a casa, finalmente. Dopo essere stati sequestrati insieme ai loro pescherecci Medinea e Antartide, ed essere stati accusati ingiustamente di traffico di droga e di aver violato le acque territoriali libiche, trascorreranno le feste con i propri cari.La notizia mi riempie di gioia: lo strazio dei familiari e la profonda ingiustizia subita dall’Italia erano ormai intollerabili, così come il trascorrere dei giorni, ben 108, senza sviluppi sul negoziato per riportare a casa i nostri pescatori.
La storia del sequestro.
Il primo settembre scorso, mentre il Ministro degli Esteri Luigi di Maio era in visita in Libia per incontrare il presidente Al Sarraj, una delle 10 motovedette regalate ai libici dall’ex Ministro dell’Interno Marco Minniti, con a bordo miliziani armati del generale Haftar sequestrava due pescherecci italiani in acque internazionali.
Proprio per prevenire questi incidenti, da anni in quella zona di mare è attiva l’operazione ViPe (Vigilanza Pesca) del Ministero della Difesa, ma quella mattina la Marina Militare Italiana non è intervenuta. Su questo aspetto mi auguro che il Ministro Guerrini potrà chiarire perché non è stata prestata assistenza ai nostri pescherecci.
Una volta giunti a Bengasi, ai pescatori è stata contestata l’accusa di aver violato le acque territoriali libiche, nonostante fossero ben oltre le 12 miglia nautiche che segnano i confini delle acque territoriali e la ben più grave accusa di traffico di stupefacenti.
La detenzione ingiustificata si è protratta fino a ieri, quando gli ostaggi sono stati rilasciati ed hanno potuto fare ritorno in Italia con le loro imbarcazioni.
Le richieste del generale Haftar.
Haftar ha chiesto di scambiare gli ostaggi con 4 libici detenuti in Italia e condannati a 15 anni di carcere per aver provocato la morte di 46 clandestini, affogati in mare dopo che erano stati rinchiusi nella stiva della loro imbarcazione poi naufragata.
La richiesta è stata da subito ritenuta irricevibile. Sta di fatto che i pescatori sono stati rilasciati anche se non sappiamo se sia stato pagato un riscatto, né in quale forma.
Alcuni osservatori hanno evidenziato come la trattativa sia stata gestita attraverso l’AISE, cioè i nostri servizi segreti esteri, e non attraverso i consueti canali diplomatici che non hanno prodotto effetti. Quindi il pagamento di un riscatto è una probabilità tutt’altro che remota.
La telefonata tra Conte e il Presidente egiziano Al Sisi.
L’incapacità del nostro Governo di venire a capo di questa intricata vicenda è emersa chiaramente quando il 20 novembre scorso, Giuseppe Conte ha chiesto al Presidente Al Sisi di intercedere presso il generale Haftar per ottenere la liberazione degli ostaggi.
Nel corso dello scambio telefonico Conte ha sottolineato come l’Italia punti ad un rafforzamento delle relazioni con l’Egitto, in particolare in ambito economico, energetico e militare. Quindi, con ogni probabilità, la contropartita per la liberazione degli ostaggi italiani, passa per queste relazioni.
La credibilità internazionale dell’Italia ne esce fortemente ridimensionata.
Dell’incapacità di Di Maio a svolgere il delicatissimo ruolo di Ministro degli Esteri si sapeva già, ma lo show deprimente al quale sono stati costretti il nostro ministro e il premier Conte ha veramente dell’incredibile.
Haftar, generale del National Libyan Army che contende la leadership al Presidente Al Sarraj, ha preteso ed ottenuto che i vertici dello Stato si recassero a Bengasi in forma di riconoscenza e di riconoscimento della sua autorità.
Una scena che ricorda molto l’umiliazione dell’Imperatore Enrico IV a Canossa, costretto a sottomettersi platealmente all’autorità di Papa Gregorio VII affinché fosse revocata la sua scomunica. Di certo oggi abbiamo a che fare con personaggi di gran lunga più modesti, per quanto riguarda il versante italiano. Il generale libico, invece, è soltanto un criminale al quale l’Italia ha deciso di inchinarsi.
La cartolina di Casalino da Bengasi.
Di questa storia, oltre alla bruttissima figura per il nostro Paese, resterà indelebile il caso di Rocco Casalino che, al seguito del Presidente del Consiglio, ha fornito una telecronaca dettagliata dei momenti cruciali della liberazione.
Trattandosi di una vicenda delicatissima era richiesto il più stretto riserbo, ma il Governo Conte sta attraversando una vera e propria tempesta politica ed è in grave crisi di risultati, quindi era funzionale al recupero dell’immagine del premier questo clamore mediatico.
Casalino purtroppo ha esagerato, inviando addirittura la sua posizione gps ai giornalisti e rivelando così il luogo dell’incontro che, per ragioni di sicurezza doveva rimanere segreto.
In conclusione…
Sono veramente felice per l’esito di questo vero e proprio rapimento. Resta la grande amarezza per l’umiliazione subita dal nostro Paese, rappresentato da persone inadeguate che si sono messe a favore di telecamera per una passerella mediatica assolutamente inopportuna e che indebolisce ancor di più il ruolo già marginale dell’Italia nel panorama internazionale.
Mi auguro che il saluto di Casalino da Bengasi sia stato un gesto di commiato.