Di chi è la colpa? Sempre di qualcun altro. Dei medici, delle regioni, degli indisciplinati, dei bar e delle parrucchiere. È sempre colpa di qualcun altro, purché nessuno si permetta di accusare il Governo che in questi mesi ha inanellato una serie di insuccessi sulla pelle dei cittadini e delle imprese.
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Questa storia comincia nel mese di Gennaio: le notizie che arrivano dalla Cina sono allarmanti. Gli esperti mettono in guardia Conte che il 31 gennaio proclama lo stato di emergenza sanitaria nazionale, salvo poi rimanere inerte fino a marzo, quando ormai il virus aveva già infettato migliaia di italiani e iniziato la sua corsa che avrebbe causato la morte di migliaia di italiani ed un disastro economico senza precedenti.
Si sarebbe potuto fare di più e prima? Assolutamente si, ma di fronte ad una pandemia così estesa, con un virus nuovo del quale non si sa nulla, sono comprensibili gli errori o le sottovalutazioni. Non scusabili, ma comprensibili.
Sin dai primi giorni Conte mostra subito di che pasta è fatto: un imbonitore di se stesso, vanitoso e superbo. A chi gli chiede se l’Italia è in grado di affrontare questa pandemia lui risponde tronfio: “Tutti i cittadini Italiani devono stare sereni e tranquilli. L’Italia ha adottato una serie di misure tra le più efficaci in Europa e nel mondo”. Era il 31 gennaio.
Qualche giorno dopo i virus è già fuori controllo e, dal primo caso di Codogno inizia il lungo calvario del nostro Paese. Evidentemente il Governo ha sottovalutato il pericolo, ma inizia subito lo scaricabarile: la colpa per Conte e per i suoi giornali amici è dei medici che non hanno saputo gestire i primi casi. Da queste dichiarazioni del Presidente del Consiglio parte l’indagine sui sanitari lombardi.
Non passa molto tempo che la situazione si dimostra in tutta la sua gravità: il virus corre e le chiacchiere non ne arrestano la diffusione. Per questo il Governo istituisce due zone rosse, dalle quali è impossibile entrare od uscire, in alcuni comuni del Lodigiano in Lombardia e nel Comune di Vo’ Euganeo nel Veneto. Resta escluso dai provvedimenti restrittivi la zona di Alzano e Nembro, nella ricca e produttiva Val Seriana.
La Regione e l’Istituto Superiore di Sanità chiedono al Governo l’attivazione della zona rossa anche in quest’area, ma il Governo rimane inerte fino all’8 marzo. Su questa vicenda c’è un’indagine della Procura di Bergamo che accerterà le responsabilità per le migliaia di morti e per la sofferenza di tanti cittadini, ma nel frattempo Conte ha già individuato il responsabile: la Regione Lombardia.
E poco conta che solo qualche giorno prima, il 24 febbraio per la precisione, il Premier aveva richiamato all’ordine il Governatore delle Marche, diffidando gli altri ad agire autonomamente con misure restrittive senza l’approvazione del Governo: «Non bisogna andare in ordine sparso».
Le regioni sono anche i bersagli designati quando ci si rende conto che l’INPS di Tridico è in tremendo ritardo sull’erogazione della cassa integrazione: centinaia di migliaia di lavoratori sono senza stipendio per il lockdown imposto dal 9 marzo in tutta Italia, ma i soldi non arrivano. Alcuni imprenditori riescono ad anticipare la cassa ai propri dipendenti, ma ben presto le risorse finiscono e nel frattempo i ritardi dell’INPS si fanno ancor più evidenti e incomprensibili.
Ennesima serie di dichiarazioni del Governo, corroborate dal fidato Tridico, che scaricano le colpe sulle regioni, ma anche qui è evidente che il freno dipende dalla procedura bizantina prevista per la cassa integrazione in deroga, inadeguata in un momento di emergenza e che avrebbe dovuto essere semplificata con un’apposita normativa. Le modifiche alla procedura arrivano solo a Maggio con il Decreto Rilancio, ma non sortiscono effetto perché evidentemente i ritardi sono ascrivibili al’INPS che non è in grado di gestire efficacemente questa mole di richieste.
Nel frattempo ci si rende conto che negli ultimi 10 anni, per le misure di austerity volute dall’Europa, l’Italia ha tagliato investimenti alla sanità per circa 36 miliardi di euro. Le carenze delle strutture sanitarie sono evidenti: poco personale rispetto al fabbisogno ordinario, ancor più marcate in questo periodo di emergenza sanitaria. Mancano i posti in rianimazione e il sistema, messo a dura prova dal crescente aumento dei contagi e dei ricoveri, rischia di andare in tilt.
La Lombardia prova a fare da sola con un ospedale allestito con fondi privati alla Fiera di Rho. L’Umbria si dota di un ospedale da campo. Secondo il Governo e il PD si tratta di soldi sprecati, partono le indagini penali e contabili, ma la carenza di posti letto in rianimazione non si può nascondere come la polvere sotto al tappeto. Per questo, il Commissario Arcuri, simpaticamente soprannominato da Mario Giordano il “Supercommissario dei miei tamponi”, famoso per le mascherine tipo panno per spolverare e per i banchi a rotelle, centra un altro tragico insuccesso.
Il 10 marzo con una gara lampo (così viene definita dalla propaganda) Arcuri acquista 4000 ventilatori polmonari. Di questi molti sono inutilizzabili per mancanza di accessori o perché configurati in cinese o in tedesco, ma ancora una volta la colpa è delle regioni che non si attivano per impiegarli correttamente. Inoltre, con il decreto Rilancio il Governo ha stanziato le risorse per ampliare le terapie intensive e a Luglio le regioni hanno avanzato le richieste e i progetti, ma Arcuri perde tempo e cincischia quando invece sarebbe stato il momento di correre, vista la possibilità di una “seconda ondata”.
Risultato? Ad oggi Arcuri non ha speso un centesimo. La gara è in corso in questi giorni e secondo Arcuri i lavori potranno iniziare entro la fine del mese di Ottobre, ma questo sembra impossibile: realizzare lavori di questo genere nei reparti significherebbe bloccarne o limitarne l’operatività e, in questa fase di ripresa dei contagi, sarebbe una scelta da incoscienti.
Oggi siamo di nuovo tutti in attesa dell’ennesimo DPCM con restrizioni per attività e cittadini perché il Covid ha ripreso a correre e adesso fa ancora più paura. Non solo e non tanto per le conseguenze sanitarie, ma anche perché i cittadini hanno paura di restare chiusi in casa, senza soldi e senza alcun aiuto.
Come si può pensare che un lavoratore che vive del suo stipendio possa restare senza soldi per mesi? Come si può pensare che un professionista o un piccolo imprenditore possano sopravvivere con 1.200 euro per sei mesi? Come si può pensare che un imprenditore rimasto chiuso per mesi abbia i soldi per pagare le tasse?
Poco conta, il Governo è ancora a caccia di colpevoli da mettere sul banco degli imputati, quindi prepariamoci al peggio.