“Sono stato messo alla gogna da quelli che vanno a braccetto con la politica”.
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Quelli che hanno impedito a Luca Palamara di difendersi nella seduta del Comitato direttivo centrale dell’ANM hanno commesso un errore del quale già oggi si potrebbero pentire. Un errore per loro, ma una grande opportunità per tutti gli italiani che vogliono che sia fatta chiarezza sull’indagine che sta scardinando il sistema delle nomine in magistratura.
È incredibile che l’organismo disciplinare del sindacato dei magistrati, anch’esso composto di magistrati, abolisca il diritto di difesa e di parola violando un principio giuridico che consente all’imputato nel processo penale di poter rendere dichiarazioni spontanee “in ogni momento del processo”.
Si voleva evidentemente evitare che Palamara, per difendersi, mettesse a nudo il sistema, facendo nomi e raccontando i fatti, ma soprattutto mettendo a nudo quella fitta rete di contatti e relazioni che hanno condizionato le nomine e, forse, l’esito di indagini e processi per finalità politiche.
Missione fallita: subito dopo aver impedito a Palamara e al suo difensore di parlare, è arrivato alle redazioni dei giornali un comunicato stampa che preannuncia un lento stillicidio di notizie che il potentissimo esponente di Unicost è pronto a rivelare.
Tre sono i punti cardine del comunicato: prima di tutto Palamara ci tiene a sottolineare che è pronto ad assumersi le sue responsabilità, ma altrettanto dovranno fare quelli che hanno fatto parte del sistema insieme a lui.
Secondo: sulla vicenda della nomina di Lo Voi alla Procura di Palermo, Palamara si dichiara disponibile ad essere sentito dalla Commissione Parlamentare Antimafia. Mi auguro che l’audizione venga convocata immediatamente, perché potrebbe offrire importanti elementi di riscontro sulla trattativa Stato-mafia.
Terzo: Palamara sostiene di essere “uno dei referenti” del sistema che ha legato magistratura e politica, di certo non l’unico. Resta ancora da approfondire, ad esempio la posizione di Cosimo Ferri, magistrato e sottosegretario nei governi Letta e Renzi, vicinissimo al braccio destro di Renzi Luca Lotti.
Insomma: siamo solo all’inizio e altri nomi possono saltare fuori da un momento all’altro, tutti pesanti, tutti legati ad una certa area politica a quanto pare.
In questa vicenda mi salta alla mente una situazione analoga, quella di Bettino Craxi. Scoperto il sistema del finanziamento illecito ai partiti, Craxi si difese nelle sedi preposte con due memorabili interventi: uno in parlamento per sollevare le coscienze dei deputati.
L’altro in Tribunale, davanti ad Antonio di Pietro, facendo nomi e circostanze e raccontando un sistema che riguardava tutti i partiti, ma in particolare il PCI che veniva finanziato dalla Russia.
Ricordiamo tutti come andò a finire: il Parlamento si è auto-assolto. Le indagini su PCI non sono state fatte con la giusta determinazione a mio avviso. La stampa ha fatto il resto. Craxi è morto in esilio ed è stato sacrificato come l’unico responsabile.
Ma c’è una differenza fondamentale: Palamara non è Craxi, quindi viene da chiedersi se il magistrato che può fare luce definitivamente sulla magistratura politicizzata sarà sufficientemente retto e fermo nella sua intenzione di raccontare questo sistema.
E’ facile immaginare come il sistema tenterà di dissuaderlo da questo proposito.