Lo dico da avvocato e mi pesa farlo, ma ha ragione Piercamillo DAVIGO: in Italia attendiamo la sentenza di Cassazione per dire se qualcuno è colpevole.
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Attendere la sentenza sarebbe corretto se questa fosse l’epilogo di un processo rapido, giusto, celebrato esclusivamente nei tribunali di fronte ad un magistrato terzo ed imparziale, ma soprattutto se alla sentenza conseguisse una pena giusta e che questa fosse scontata per intero.
Oggi l’inchiesta su Palamara ci dice che nessuna di queste condizioni sussiste.
Cenette su attici nelle sere romane, champagne, incarichi di prestigio e fiumi di soldi per gli allineati, strategie politiche da attuare per via giudiziaria con la complicità dei media.
Questo è quello che si legge nelle carte della Procura di Perugia.
Le sentenze servono in uno stato democratico, dove il potere giudiziario è indipendente e in equilibrio con gli altri poteri dello stato. Dove i magistrati non fanno politica con gli avvisi di garanzia, dove si indaga su tutte le notizie di reato, non solo su quelle relative agli avversari politici.
In questa Italia le sentenze non servono, perché il problema non è giuridico, ma etico e valoriale. Tutta questa corruzione e dissolutezza sono incensurabili per via giudiziaria.
Nel nostro Paese essere onesti non paga, parlare con voce libera è pericoloso.
Solo chi ama l’Italia lotta ancora.