Giuseppi mobilita i servizi segreti e convoca un summit a Roma tra i due rivali per tentare il colpaccio alle spalle di Giggino. Al Sarraj, avvisato dai turchi, torna il Libia senza passare per Roma.
Al povero Conte non ne va bene una.
Ansioso di fare bella figura sullo scacchiere internazionale dopo esser stato messo nel ripostiglio dagli alleati europei, bramoso di dimostrare di esser più bravo di Di Maio, si improvvisa buffone di corte e tenta di far incontrare “per caso” i due rivali.
La “carrambata” di Conte però finisce male, perché Al Serraj decide di disertare l’incontro una volta avvisato dai servizi turchi che ad aspettarlo avrebbe trovato l’odiato rivale Haftar.
La frittata è fatta.
Non solo una brutta figura per l’Italia, evidentemente guidata da incapaci che si sentono grandi statisti, ma un bel pasticcio internazionale, perché questa fuga in avanti del nostro premier rischia di allontanarci ancora di più da Washington che mirava a infilarsi nel patto di ferro tra Al Serraj e Erdogan.
Mi domando se si possa tollerare che la gestione di questioni internazionali delicatissime come questa possano essere ridotte a una competizione interna tra Di Maio e Conte che si fanno i dispetti come due ragazzini.
Sullo sfondo l’endorsement europeo per Minniti, che incombe sul Ministro degli Esteri e che viene indicato come l’uomo giusto per gestire la crisi libica: l’ennesimo scacco al povero Di Maio che vede vacillare pericolosamente la sua poltrona alla Farnesina, oltre che la sua leadership nel Movimento 5 Stelle.
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